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domenica 19 luglio 2015 - 07:00
di Massimo Barbero

C’era una volta il Varese… una società capace di passare in meno di 4 anni dalla D ad un soffio dalla serie A… Ed assieme di sfiorare uno Scudetto Primavera con una squadra costruita con le proprie forze… Non c’è ironia nelle mie parole. Ma solo un pizzico di  malinconia e tanta preoccupazione per la china che sta prendendo il nostro amato calcio. Ho ancora nelle orecchie quel “Chi non salta è un novarese…” intonato dai tifosi della tribuna davanti all’uscita degli spogliatoi di Masnago la sera del 13 giugno 2014 mentre in Brasile l’Olanda impallinava la plurititolata Spagna. Avrei voluto ritrovare in serie B i rivali biancorossi, rigiocare quella sfida senza Pavoletti (per loro) e Perticone (per noi)… Le sconfitte altrui possono talvolta anche far piacere… le cancellazioni, i fallimenti o, comunque, le retrocessioni a tavolino mai…

Sono partito dal Varese per chiedermi se questo calcio potrà reggere ancora. E per quanto. E’ vero, noi abbiamo negli occhi le brevi comparsate di Cassarà e Alì Zaiter, ma quando sono saliti sul proscenio loro… il disastro era già stato confezionato… 
Già, ma come si era arrivati sull’orlo del precipizio? Non ricordo investimenti faraonici (in rapporto alla categoria) fatti dal Varese in questi anni pur sportivamente felici, né spese folli. Per contro ho ben presente che gli uomini di spicco della rosa biancorossa, di fronte ad un offerta adeguata, venivano puntualmente ceduti al miglior offerente: Bernardini in prima divisione, Buzzegoli in B, De Luca e Lazaar (prodotti del vivaio) più avanti… Evidentemente una società di calcio non può stare in piedi senza continue elargizioni da parte dell’imprenditore di turno, indispensabili per coprire le inevitabili perdite. Se vengono a mancare quelle la barca comincia a fare acqua da tutte le parti, fino ad affondare. Ho preso ad esempio il Varese perché è la realtà, anche geograficamente, più vicina a noi, ma sarebbero molteplici i paragoni da fare. 
Ho sentito tanta gente dire che la promozione in A sarebbe stata (o era stata) la rovina del Novara Calcio. Ed invece, scherzi del destino, le altre 3 semifinaliste di quel magico giugno 2011 che neppure hanno avuto l’ebbrezza di godere di cotanto palcoscenico… oggi non sono nemmeno più nel calcio professionistico… fatta eccezione per il Padova che però è ripartito nel 2014 con un’altra società.

In un siffatto contesto mi fanno ancora più inorridire le motivazioni che hanno portato lo scorso aprile alla condanna del Novara per la vicenda Irpef (con nuovo processo per gli stessi fatti che ci attende in settimana…). Per questa storia abbiamo rischiato di perdere un campionato che strameritavamo di vincere sul campo. In questa storia Massimo De Salvo ha lasciato energie, tempo e popolarità (in città e fuori). Eppure leggo nella pronuncia di colpevolezza che: “dal memorandum riepilogativo di Deloitte & Touche i debiti per l’IRPEF ammontavano ad € 378.786,60 a fronte di un credito di imposta di € 541.966,00 come risulta da modello IVA 2015, relativo al periodo di imposta 2014 già prodotto”. 

Tutto questo non basta per i Giudici sportivi perché “…L’impostazione del problema in termini di prevalenza di una disciplina (quella statale) sull’altra (quella federale) non può essere condivisa. Ciascuna società professionistica, all’atto dell’affiliazione, accetta la normativa federale, alla quale, dunque, deve sottostare a prescindere da eventuali diverse formulazioni (e previsioni “tempistiche”) della disciplina fiscale e contributiva dettata dall’ordinamento dello Stato. Nessuno, ovviamente, impedisce alla società di calcio che abbia un debito nei confronti del fisco o di natura assicurativo-previdenziale di avvalersi delle eventuali agevolazioni previste dalla disciplina dettata dall’ordinamento giuridico generale in materia per la regolarizzazione dello stesso. Nel contempo, non nutre dubbio alcuno questa Corte che, se non vuole incorrere nella violazione contestata con il deferimento da cui scaturisce il presente procedimento, la società è tenuta ad avvalersi di siffatte agevolazioni di pagamento nei termini previsti dalle N.O.I.F. e dal Codice di Giustizia Sportiva della F.I.G.C.…”. 

Dunque il Novara poteva (può) operare la compensazione con il credito Iva per la normativa fiscale. Ma ciò comporta comunque conseguenze sportive non lievi (3 punti l’anno passato e forse 2 adesso). Oltre che un inevitabile danno d’immagine perché si viene giudicati assieme a società che non pagano proprio e non pagano mai.  

Sembra che questo calcio voglia allontanare gli imprenditori seri (magari in difficoltà a rispettare tutti gli impegni in questo particolare momento economico, ma comunque seri) per darsi in mano ai cialtroni. Quelli che non hanno nulla da perdere da quello che considerano un vero e proprio “teatrino” da sfruttare per un po’ di facile popolarità e magari qualche “affaruncolo” da due soldi.

Davvero tutto si risolve con il blocco dei ripescaggi? Davvero meno si gioca meglio è? Un minor numero di squadre permette veramente di abbassare i costi? Oppure piuttosto fa diminuire gli introiti? Prendete l’esempio del Pordenone. Ha rispettato le regole, ma ha perso nella regular season e nei play out tutte e quattro le sfide con un Monza che non ha pagato niente e nessuno, prima di fallire a giugno. E’ equo ora zavorrare la rispettabile dirigenza friulana anche di una onerosa tassa sul ripescaggio? E sarà legittimo, tra un anno, negare ad una società “pulita”, ma retrocessa rispettando le regole, anche la finestrella di un ripescaggio al posto di club conquistati e gestiti da farabutti?

Ho tanta paura che lo scenario immaginato da coloro che tirano le fila del nostro calcio sia quello di una B e di una Lega Pro (i nomi li cambieranno ancora di certo) tra una decina d’anni piene di seconde (o terze) squadre dei grandi club. Come accade in altri paesi ed in alcuni sport di squadra e come il buon Macalli (criticabile per tanti altri aspetti) ha sempre cercato di evitare. Per un calcio sempre più soltanto televisivo e d’elite. Vedremo anche il riscaldamento del mattino di Higuain, Cristiano Ronaldo o Ibrahimovic con una guerra di diritti televisivi per accaparrarsene l’esclusiva. Per contro il calcio delle provinciali sarà confinato nel semdilettantismo e, forse, nel dimenticatoio. Sarà un’oasi per nostalgici magari non più giovanissimi, certamente al riparo dall’interesse e dalla passione dei ragazzi che rappresentano la linfa per riempire gli stadi.

Siamo rivali, ma in un certo senso alleati delle altre piazze che hanno una squadra in B e dintorni, paladini di un calcio che dobbiamo proteggere dall’ingordigia dei potenti. Ero troppo piccolo per andare allo stadio negli anni settanta (anche se un Novara-Spal l’ho visto da vivo…) ma nei primi anni ottanta ricordo gli stadi del campionato cadetto stracolmi di gente. Era bello seguire la differita di un tempo di una partita di B. Ed ancor di più attendere la veloce carrellata dei gol della cadetteria per gustarsi lo spettacolo di quelle tribune piene all’inverosimile di spettatori che correvano e si schiacciavano l’un l’altro per festeggiare un gol. Quella gente erano i nostri padri, i nostri nonni. Anzi siamo noi che abbiamo il dovere di difendere il privilegio di andare allo stadio a vedere dal vivo la squadra della nostra città.

Preferite un derby Novara-Pro Vercelli o Novara-Alessandria (ovviamente in entrambi i casi in serie B…) con 7-8 mila persone al “Piola” cariche di voglia di tifare o un Novara-Juventus da “tutto esaurito” con l’amico che ti confessa “Oggi non so per chi tenere….” e con l’abbonato che ti ferma per chiederti “Come faccio a chiedere di cambiare curva?”? Meglio una trasferta di massa a Brescia o a Vicenza o un viaggio nello stadio del Bologna dove i cronisti locali, disinteressati di quel che ha fatto il Novara sul campo, chiedono semplicemente a Mondonico in conferenza stampa: “Che canzone di Dalla le è venuto da intonare al momento di entrare in campo?” Non siamo ipocriti. Abbiamo goduto da matti nel fare quel salto in serie A e ne faremmo volentieri un altro anche domani mattina. Però, al di là delle categorie, la cosa basilare è non smarrire mai la propria identità. E’ essenziale essere il Novara: al “Moccagatta” come a “San Siro” o nello stadio della Giana Erminio.

Dunque corsa agli abbonamenti per difendere la cosa più bella che abbiamo e che nessuno ci potrà mai toccare: la nostra passione. Sì la nostra passione, quella che per un ventennio ci ha fatto trascorrere estati di speranza nella convinzione, ogni volta, che fosse finalmente l’anno buono per tornare in C1… Quella che ci ha trascinati a Fiorenzuola (e prima a Pistoia, Voghera ed Imperia) per difendere i vessilli dall’inferno dei dilettanti. Quella che Sergione Borgo ha esaltato convincendoci innanzitutto che le cose belle potevano accadere anche da queste parti. Quella che ci ha riportati allo stadio più entusiasti di prima per la notturna con la Giana al termine della settimana più difficile della scorsa stagione. Spero che il ritorno del calcio giocato allontani i cattivi pensieri. Ho tanta voglia di ripresentarmi a Novarello e rivedere amici vecchi e nuovo per l’ennesima stagione di speranze e sofferenze… Ed al proposito lancio una proposta ai tifosisissimi azzurri… 

Perché non organizzare un altro afflusso di massa al Villaggio Azzurro come quello che ha accompagnato la rifinitura pre Giana (al “Piola”) o pre Lumezzane? Questo week end ormai è andato, ma si potrebbe pensare a qualcosa del genere per il prossimo… Per dare il benvenuto ai nuovi e per ringraziare ancora i vecchi. E caricare società ed ambiente in vista di un’altra avventura che si annuncia non semplice… Noi ci saremo anche questa volta…  Forza Novara sempre!!!

Massimo Barbero

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