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giovedì 23 ottobre 2014 - 15:26
15 giugno 2003: Novara-Alto Adige 0-0

La mia finale con l’Alto Adige (allora scrivere Sud Tirol si usava poco, almeno da queste parti…) comincia (mentalmente) già il giovedì sera. Noi più assidui giornalisti al seguito del Novara eravamo  stati invitati per una cena al “Green Park”. 

Era un modo per “fare gruppo”, per ringraziare chi aveva seguito le gesta azzurre in una stagione lunghissima, inaugurata dal folle ritiro di Haskovo. C’erano Borgo, Foschi, D’Ambrosio… il povero Lorenzini della Bpn… 

La tensione si tagliava con il coltello a quel tavolo... c’era preoccupazione per la caviglia appena operata di Polenghi… tutti erano già con la testa proiettati verso la partita di domenica pomeriggio… tra le righe traspariva già qualche segno della spaccatura tra Borgo e Foschi che sarebbe scoppiata nella primavera successiva in maniera fragorosa.

Ricordo bene uno scambio di battute tra me ed il tecnico di Albano Laziale: “Domenica non la dovete trasmettere la partita per radio, così tutti sono costretti a venire allo stadio…” “Mister, se uno preferisce la diretta radio all’emozione dello stadio in un pomeriggio di pieno giugno… meglio tenerlo lontano dal “Piola”… perché fischierebbe al primo passaggio sbagliato” “C’è bisogno di tutti domenica, Voi cominciate a non trasmetterla…”. 

Egoisticamente quelle frasi mi avevano ferito un po’. Mi ero girato tutto il Nord Italia negli ultimi 3 campionati per seguire la squadra cresciuta assieme al verbo del Sergione… e per il bene comune avrei dovuto saltare la partita decisiva? Senza dimenticare i soldi che una radio locale (in questo caso Radio Abc, alias Radio
 Onda) deve spendere per esserci sempre, su ogni campo… 

Comunque l’inizio di quella cena segna uno spartiacque definitivo; da quell’istante il mio cuore smette di avere battiti regolari. Sono già in clima partita. Comincio ad avvertire una tensione insopportabile che mi impedisce di pensare a qualsiasi altra cosa. Il filo tra il farcela e non farcela stavolta è sottilissimo. E tra il farcela e non farcela per noi sarebbe cambiato tanto. Anzi tantissimo. 

Il sabato pomeriggio prendo la macchina e vado da solo a Madonna del Sasso. Era il luogo (incantevole) che avevo individuato quale paladino protettore delle sorti del Novara Calcio. Ci ero salito prima di Fiorenzuola (quando Borgo aveva portato lì la squadra in ritiro) e ci sarei salito ancora prima dei play out di Como.

La sera della vigilia il centro città è strapieno per lo “Street Festival”. Ad un certo punto in un chiosco che vende birre sale forte l’urlo “Novara-Novara….”. E’ un coro talmente spontaneo e condiviso da gente che non avevo mai visto allo stadio negli ultimi anni da farmi venire la pelle d’oca ed un po’ di commozione. Finalmente non siamo più soli…

La mia notte è agitata ed insonne. Come mi accadeva regolarmente prima di un esame importante, sogno almeno un paio di volte che sia già finita, che c’è l’abbiamo fatta… per poi svegliarmi ancora più teso. Mi riaddormento verso le 8… per ridestarmi alle 10.30 quando ormai i miei cominciano a temere che avessi avuto davvero un collasso.

Dopo qualche ora in “trance” ad accarezzare la Kira (cane boxer che ha accompagnato la nostra scalata dalla C2 alla serie A… per poi lasciarci nel dicembre 2012, guarda caso dopo 6 sconfitte consecutive) arriva il momento di andare allo stadio. Non c’è un vero e proprio sole, ma soltanto un’afa pazzesca ed insopportabile. Io e Pdl ci incontriamo davanti alla biglietteria. Incrociamo il dottor La Rocca, eroe di tante battaglie disperate ed ora dall’altra parte della barricata. Lui la C1 l’avrebbe meritata più di tutti gli altri dirigenti di quell’epoca.

L’Alto Adige è forte, più forte di noi in quel frangente. Ho impresse le parole, con pronuncia vagamente teutonica, di Bizzotto, telecronista Rai in un posticipo: “Nel ritorno l’Alto Adige ha recuperato 9 punti al Novara”. Grazie al Monza abbiamo salvato il preziosissimo secondo posto. I brianzoli hanno espugnato il “Druso” ma poi hanno gettato via i play off perdendo in casa con noi.

Eppure a Bolzano (l’andata è finita 0-0) siamo andati più vicini alla vittoria rispetto ai nostri avversari. Egbedi si è mangiato due gol che parevano fatti. Ma a Novara sarà un'altra storia. La squadra di Tesser non ha più nulla da perdere. E’ libera da ogni pressione. In campo schiera un moderno (allora) 4-2-3-1 mutuato dal Real Madrid dei “galacticos”. Tra i pali c’è Servili, un portiere affidabile. Al centro della difesa gioca Gervasoni che diventerà famoso per vicende (ahinoi) molto squallide. Sulla sinistra hanno Frau, un esterno che Achilli ha ceduto senza nemmeno fargli fare una partita. Il vero fenomeno opera davanti alla difesa. Si chiama Lomi, è fortissimo. Vedendolo quel giorno non si capisce come mai non sia arrivato stabilmente più in alto. Sulla destra dell’attacco agisce un peperino che mi pare bravissimo. Si chiama Cristian Bertani, da mesi ripeto che lo prenderei ad occhi chiusi. Sulla sinistra brilla un giovane del Padova molto promettente. E’ Zecchin. All’andata Foschi ha sacrificato il duo Morganti-Polenghi per contenerlo. L’unico neo dei biancorossi è dato dalla punta centrale. Né Sinato, né Bachlechner sono all’altezza di cotanto collettivo. A marzo si è infortunato gravemente Noselli. Con lui in campo non ci sarebbe stata probabilmente storia per noi...

Iniziamo con il tradizionale 4-4-2. L’esterno sinistro è Daniel Bresciani, davanti spazio a Palombo-Egbedi. Partiti!!! Dopo una fase di studio il Novara sembra prendere il sopravvento. Palombo calcia sull’esterno della rete. Egbedi ruba palla agli avversari, ma poi spreca tutto al momento del tiro. I pericoli scuotono l’Alto Adige che prende decisamente il sopravvento. Prima dell’intervallo Lomi, Zecchin e Bertani sfiorano il vantaggio.

Arrivo al riposo già provato e pessimista. “Sono più forti loro…” penso. Ed in effetti è proprio così. L’Alto Adige è davvero superiore come mole di gioco e condizione atletica. Ma non ha la spietata cattiveria sportiva che Borgo sa trasmettere alle “sue” squadre quando sono davvero “sue”. Mi guardo attorno all’intervallo cercando conforto negli occhi di chi mi sta intorno. C’è Flavio Bosetti con me al microfono. Appena sotto siede Massimiliano Caporale, per tutti “Capo”, amico e compagno di tante avventure sportive e non. E qualche metro più in là trovo Luciano Vietti di Pella, venuto ad accompagnare il nipote che come me trema per la tensione. C’è anche un signore strano che cerca e trova Gambaro (l’ex milanista) per insultarlo un po’ per alcune dichiarazioni televisive non gradite… Il mondo è bello perché è vario…

In panchina Foschi percepisce la mia stessa chiave di lettura “Di questo passo la perdiamo…” e cambia volto alla sua squadra. Sacrifica l’ormai spento Egbedi per passare ad un quasi inedito 4-5-1 che scombina un po’ i piani di Tesser. Gli scatti di Carlet, appena entrato, infiammano il Rettilineo. Bresciani, riportato al centro, gioca un secondo tempo straordinario prima di strapparsi. L’Alto Adige preme e preme. Ma combina poco. “Bini blocca, blocca Bini, blocca” ripeto alla radio. E’ un “mantra” che piace alla gente. Qualcuno si gira per ripetermelo, forse per darmi coraggio. A poco più di 5 minuti dalla fine Palombo scarta Servili che lo mette giù in area. Sembra proprio rigore. Per tutti, ma non per Romeo (che in serie A ci affosserà con il suo arbitraggio all’Olimpico contro la Roma) che lascia correre (il fatto che non ammonisca nemmeno l’attaccante fa pensare che non la sia proprio sentita di fischiare un penalty in quel frangente). Secondino Lo Curto dietro la porta molla la macchina fotografica ed inveisce, d’istinto, contro il direttore di gara. Fischio finale. Il fratello di Egbedi si alza in piedi ad esultare e si guarda intorno, attonito. E’ l’unico a non sapere ancora che dovranno essere giocati 2 tempi supplementari. Parlo con la regia: “Chiedo a Barbara se ci sono obblighi pubblicitari da assolvere o se posso proseguire” “Non c’è pubblicità, ma riprendo lo stesso la linea perché ti sento molto provato…”. Sacrosanta verità! Eppure adesso sono tornato ad essere fiducioso. Ce la faremo. Ce la faremo perché sta scritto nel destino di una squadra di uomini veri. Si tratta solo di soffrire ancora mezzora.

Entra anche Paolino Morganti che ha appena perso la nonna, ma non vuole assolutamente mancare. Sulla destra Foschi ricorre allo sprint di Bigatti che avvicenda un Max Brizzi che ha dato tutto, anzi di più. Il copione dei supplementari non è molto diverso da quello del secondo tempo regolamentare. Gli altoatesini giocano meglio, ma le occasioni più nitide capitano al Novara. Una colossale palla gol arriva verso la fine del primo tempo supplementare, sotto la Nord. Carlet s’infila dalla sinistra e calcia a tu per tu con Servili che respinge come può; la sfera capita proprio dalle parti di Bigatti che può insaccarla a porta sguarnita. Avrebbe il tempo di stopparla, controllarla, accarezzarla. Ed invece la calcia al volo, mancando incredibilmente il bersaglio. “Nooooooooooooooooooooo” urlo in radio disperato. 

Mi tornano alla mente i fantasmi di Pistoia, rivedo quell’errore di Giordano, ma tengo l’angoscia tutta per me. Ad inizio secondo tempo supplementare un Palombo ormai ai minimi termini affetta tutto il campo palla al piede; giunge dalle parti di Servili, comprensibilmente stremato. Se fosse lucido non ci sarebbe storia. Ma stavolta non lo è. Non può esserlo. Calcia due volte, ma il portiere biancorosso respinge sempre. Si resta sullo 0-0. Fino a sei-sette minuti dal termine quando la palla che può cambiare la storia arriva sui piedi di Bachlechner. In radio urlo un “Biniii” ma la mia è solo un’invocazione. Christian è a terra non può farci più nulla. E nemmeno i difensori azzurri che osservano la scena attoniti. Qualcuno in Curva Nord (guardare le foto per credere) ha già le mani nei capelli per la disperazione. Ed invece il pallone si alza oltre la traversa, quasi spinto da uno spirito azzurro “San Gaudenzio pensaci Tu” urlo in diretta… Ormai non ho più freni inibitori, ma lo spavento è stato grande.

Mi riprendo ripensando a quello che ha detto Vincenzo D’Ambrosio la sera della cena: “Se arriviamo a 5 minuti dalla fine dei supplementari sullo 0-0 non ce n’è per nessuno. Polenghi, Cioffi e Ciuffetelli si mettono a fare muro e di lì la palla non passa. Vedrai…” Ci siamo… mancano proprio 5 minuti. E ci mettiamo a giocare a tamburello. Nessuno sale più. Tutti lì al limite dell’area a spazzarla via. L’ultimo pallone lo allontana Ciuffetelli, sfera in fallo laterale “Bravo Sandro! L’arbitro guarda il cronometro… E’ finitaaaaaaa… Siamo in C1!!! Siamo in C1!!! Il Novara è in C1!!! Flavio urla qualcosa Tu perché non ho proprio più fiato…”. Sono ormai le 19, minuto più minuto meno.

Ce l’abbiamo fatta, finalmente una promozione nello stadio nuovo che non è più “stregato”!!! E che promozione!!! Un libro non basterebbe per raccontare quello che è accaduto in quell’anno. Scendo per le interviste e Borgo lascia il segno, ancora una volta. La sua prima dedica è per Luciano Re, Aldo Stanglino e Lorella Matacera, gente che ha lavorato tanto dietro le quinte (e molto spesso gratis o con stipendi in forte ritardo) per la  causa. E’ il suo modo di “fare squadra”. Giavani urla come un pazzo: “Sono il primo ds capace di passare dall’Eccellenza alla C1 in un mese!!!” Resta garantisce impegno ulteriore. Luigi Falzone lascia da parte il consueto aplomb per abbandonarsi alla pazza gioia. Abbraccia forte Lomi, il grande sconfitto, ed urla con ammirazione sincera: “Sei un campione!!! Sei fortissimo!!!”. Intervisto per la prima volta Attilio Tesser che al momento di rispondere fa roteare la testa come sempre gli capita quando è nervoso. C’è una domanda che non gli piace: “Mister, adesso andrà alla Triestina? Non mi pare il momento di parlare di queste cose”. Passerà davvero alla Triestina, in B con Rigoni, Marianini, Parola… Pippo Dal Moro si concede un po’ di autoironia: “forse la carta vincente è stata proprio il mio infortunio…”

Vado a “Tribuna” a lavorare mentre gli echi della festa improvvisata dai tifosi dietro lo stadio arrivano anche in redazione. Scrivo il più velocemente possibile, ma torno all’antistadio a festa (pubblica) ormai finita. La mamma di Fabio Comparelli mi offre un panino con la salamella che non riesco proprio a mandare giù perché lo stomaco è ancora bloccato dalla grande tensione. La mia festa arriva dopo: alla Soms degli inimitabili Zingrillo  a bere con gli amici di sempre fino a notte fonda. Come avessimo vinto un Mondiale di Calcio.

Di quella promozione mi restano nel cuore due cose. La telefonata di Max Brizzi dell’indomani per ringraziare i miei genitori che ha a fine gara gli avevano regalato un lenzuolino per Matteo, nato da poco più di un mese. E quello che accadrà un anno esatto più tardi quando la chiamata dell’amica Nicoletta con l’annuncio del mio superamento dell’esame di avvocato arriverà proprio alle ore 19 (minuto più minuto meno) di un 15 giugno, il 15 giugno 2004. Eh sì, per me il 15 giugno rimane proprio una data magica, destinata a scandire i momenti più belli della mia vita…

Massimo Barbero 

 

 

 

 

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