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martedì 18 febbraio 2020 - 12:24
7 ottobre 1984: Pro Vercelli-Novara 0-1

A ripensarci adesso… che week end!!!

Il sabato sera avevo ammirato per la prima volta in maglia azzurra il giocatore di hockey più forte e spettacolare che mi sia mai capitato di vedere all’opera… Pino Marzella!!! Ad onor del vero l’avevo già notato l’anno prima con la casacca del Vergani Monza… ma ora che giocava con noi… l’effetto era completamente diverso. Una facile vittoria con il Roller Monza aveva inaugurato un campionato che si annunciava entusiasmante per l’Hockey Novara, a digiuno di scudetti dal 1977.

L’inattesa sconfitta interna dei Campioni d’Italia dell’Amatori Vercelli contro il neopromosso Giovinazzo di un giovanissimo Franco Amato aveva reso ancora più dolce quell’esordio stagionale, a sole due settimane dall’abbuffata del Campionato del Mondo svoltosi per intero in Viale Kennedy.

Il preambolo hockeistico non è fuori luogo perché all’epoca la rivalità tra Novara e Vercelli era confinata quasi esclusivamente allo sport delle rotelle. Nel calcio dopo il 1948 avevamo affrontato le “bianche casacche” in una sola occasione, nel ‪1977-78‬, appena tornati in C.

Nella primavera precedente la Pro aveva festeggiato il ritorno in quarta serie dopo lo spareggio di Alessandria proprio ospitando il Novara in amichevole, tra salamelle e panini infarciti di frittata. Oggi una cosa del genere sarebbe impensabile.

Non so come, non certo per un rendimento scolastico già zoppicante, ma mi ero guadagnato un posto sulla mitica Alfa 33 targata Ascoli Piceno di mio padre (che garantiva una sorta di immunità per le trasferte per la targa di provenienza “straniera”) accanto agli intramontabili Cassina, Margara e forse Varotto.

Arrivati con largo anticipo, prendiamo posto in rettilineo, sotto la Tribuna. Si temono incidenti, ma non ci sono gruppi organizzati a dirigere il tifo. C’è però un bel po’ di gente, 3500 persone, forse 4000.

I novaresi sono sparsi per lo stadio, quasi tutti anonimi e silenziosi. Per i padroni di casa ricordo un tamburo e qualche trombetta. Ed un inno suonato fortissimo che ti rimbomba nelle orecchie: “Forza Pro, Forza Pro, cantiamo tutti in coro…”.

Il Novara che punta senza mezzi termini al ritorno in C1 è il favorito d’obbligo di questo derby. La Pro però una matricola che sa il fatto suo. Ha cominciato il campionato battendo la Pievigina, poi è stata sconfitta a Busto in una gara dai mille rimpianti. Alla vigilia della quarta giornata le due squadre hanno gli stessi punti perché anche gli azzurri hanno sin qui messo assieme una sconfitta ed una vittoria, entrambe per 3-0.

Sui giornali della mattina si immagina che i due allenatori confermeranno la squadra della domenica precedente.Sacco schiera Bidese, Cristiano, Barbero, Fait, Tumelero, Re, Tascheri, Frigerio, Gino, Piccini e Confalonieri. Maroso risponde con Marchese, Pioletti, Gioria, Volpi, Arrighi, Di Marzio, Scienza, Balacich, De Lorentis, Catena e Grossi.Mi piazzo attaccato alla rete, ad un passo dalla panchina azzurra. Con me c’è Virgilio Maroso, figlio del Peo (a cui dato il nome del fratello maggiore) quasi mio coetaneo, affidato dal padre alla rassicurante cura del “pacifico” Cassina.

Io e Maroso junior ci saremmo rivisti a quasi trent’anni di distanza a Varese nel 2014, la sera maledetta (maledetta solo per me ovviamente) del play out deciso dai gol di Pavoletti.E’ una partita noiosa, noiosissima. Ovviamente a distanza di 35 anni e mezzo non ricordo occasioni da rete, ma fatico anche a ritrovarne nella cronaca dei giornali dell’epoca.

Ci prova il “biellese” Scienza sotto la curva di casa di casa, ma la sua girata termina distante dalla porta. Il tiro più pericoloso del primo tempo è del nostro Di Marzio con Tumelero che salva sulla possibile ribattuta di De Lorentis.

Ad una manciata di minuti dall’intervallo il primo episodio che incendia il “Robbiano”: Tascheri (detto anche Cascheri) va a terra in area di rigore dopo un presunto contatto con Arrighi. Penalty? No, simulazione e cartellino giallo.

Dopo l’intervallo Scienza, sofferente, lascia il posto ad un più brillante Maffioletti. L’attacco azzurro sembra guadagnarne in pericolosità, ma ci vuole un intervento decisivo di Marchese per salvare la nostra porta su botta da fuori di Re. E’ sempre il Max delle giovanili dell’Atalanta che poi farà grande l’Albinoleffe a mettere in imbarazzo la difesa vercellese. Sulla sua prima conclusione Bidese deve compiere una parata non banale. Il secondo tentativo si perde a lato.La gara sembra proprio destinata ad uno 0-0 specchio fedele di quanto (non) si è visto in campo.

Un risultato di parità che in fondo non dispiacerebbe alle due squadre, seppur per motivi opposti.

Ed invece a dieci minuti dal termine ecco l’episodio decisivo. Maffioletti fa girare ancora la testa al mio omonimo Barbero che lo sgambetta in area. Per l’arbitro è rigore, da calciare sotto la curva ospite. I bianchi protestano a lungo mentre il cuore comincia a battermi forte vedendo Balacich che va a prendere il pallone e se lo porta sul dischetto. Tira Mirko ed è gol!!!

I giocatori azzurri corrono ad abbracciare Maroso che li allontana da buon sergente di ferro, rinunciando anche ad una sana perdita di tempo.Nello stadio adesso c’è il finimondo.

Onestamente è tutt’altro che un rigore scandaloso, ma il retropensiero è presto spiegato. In Tribuna siede Franco Nicolazzi, neo presidente azzurro. La gente pensa: “l’ha fischiato per fare un favore al Ministro” e si mette ad inveire contro di lui fino ad indurlo ad un’uscita anticipata.

Io abbandono il mio prudente silenzio per urlare ai giocatori azzurri al momento di riprendere la palla “calma, calma” mentre Maroso junior mi guarda un po’ perplesso.

Mio padre capisce che la situazione potrebbe degenerare e mi riprende sotto la sua ala protettiva sfoggiando ad arte tutta la sua diplomazia con i vicini di posto. “Io non l’avrei fischiato” dice, senza riuscire a placare il forte disappunto dei più.

Il “Robbiano” è una bolgia. Tascheri crede di poterne approfittare ed invece il secondo tuffo in area (stavolta davvero evidente) gli costa solo un altro cartellino giallo e dunque la doccia anticipata.

Eppure nel recupero la Pro ha ancora la palla buona per il pareggio con Gino che alza da posizione favorevole. “Tranquillo non possono segnare…” mi dice Papà vedendomi particolarmente agitato.

E’ finita, abbiamo vinto.

L’uscita delle due squadre è accompagnata da una scena che sarebbe impensabile oggi nell’era degli steward che ci vogliono tutti seduti. Signori di ogni età (e pure qualche signora ben vestita) si arrampicano sulla rete che delimita l’uscita dei giocatori dal campo per urlare la loro rabbia nei confronti dell’arbitro Tonon che lascerà lo stadio dopo un’ora circa.

Anche quello che leggeremo sui giornali dell’indomani oggi scatenerebbe un putiferio (mediatico e non) senza fine. Allora era quasi la normalità nell’epoca di un linguaggio senza troppi paletti.

Se ci vogliono mandare in Eccellenza lo dicano subito” attacca l’allenatore della Pro Sacco che non usa giri di parole “se l’arbitro ha dato quel rigore avrà avuto i suoi interessi per farlo”.

Il tecnico se la prende in particolare per la prima ammonizione a Tascheri “poteva semplicemente fischiargli il fallo contro e richiamarlo”, ritenendo evidentemente che il giallo per simulazione non fosse automatico come siamo abituati a considerarlo oggi.

Il presidente Celoria non si lascia scappare l’occasione per una sana lamentela: “Siamo stufi di questi arbitraggi, invieremo una protesta in Lega”.

Il più duro è il sindaco Robotti: “Il Novara ha vinto perché ha giocato in dodici”. Il più onesto “Peo” Maroso: “Il rigore c’era, ma un pari sarebbe stato più giusto. Non è questo il Novara che voglio io”.

A qualche metro di distanza dalla calca rimasta davanti alla tribuna centrale noi festeggiamo con il ministro Nicolazzi che deve convivere con un piccolo dispiacere sportivo. “Purtroppo la Juventus ha pareggiato” ci dice con un mezzo sorriso.

Siamo talmente euforici che non ci spaventa nulla. Né l’infortunio di Scienza né le polemiche dei favori pro Nicolazzi che alla lunga diventeranno una pesante zavorra sulle ambizioni azzurre in un’epoca in cui ogni arbitro preferisce tenersi alla larga da certi sospetti.

Siamo convinti di essere ritransitati a Vercelli solo di passaggio, in attesa di tornare presto nelle categorie che spettano di diritto al Novara.

Ed invece…

Massimo Barbero

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