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martedì 18 novembre 2014 - 14:19
14 marzo 1999: Novara-Albinoleffe 1-2

Quest’è la storia di un grande uomo e di un ottimo insegnante di calcio. Di un esonero dolce e, proprio per questo, amarissimo. Il presente racconto è volto anche restituire un po’ di dignità storica, anche dal punto di vista sportivo, a Bruno Tedino che qualcuno tempo fa sul “muro” aveva “bollato” come uno tra i peggiori allenatori della storia del Novara Calcio.

Non è proprio così. Non è giusto confondere ere di stenti con il lavoro dei protagonisti di allora. Per due o tre mesi il Novara di Tedino ci aveva fatto divertire ed ammattire. Poi solo ammattire, è vero, ma non certo unicamente per colpa sua.

Dopo la retrocessione di Pistoia e la sofferta salvezza nel derby con la Pro (autogol di Rindone) è tempo di tornare a sognare un po’. Almeno ne siamo convinti nel luglio del 1998 quando il nuovo Novara viene presentato sulla pista scoperta di Viale Buonarroti, pochi giorni dopo la fine del Mondiale francese scandito dai colpi di testa (al pallone) di Zidane. E’ tornato al timone Federico Gozio che per qualche tempo si illude di riportare in Viale Kennedy anche il presidentissimo Armani.

Da un mercato ricchissimo di novità ne esce una rosa promettente. Non certo in grado di vincere il campionato, ma forse capace di lottare per i play off. L’inizio è incoraggiante. Il Novara debutta battendo il Pontedera di Ardito (si, proprio l’attuale capitano del Como) in un “Piola” discretamente gremito e vociante. Rimarrà quello, a lungo, l’unico successo casalingo. Eppure fino a fine ottobre restiamo davvero aggrappati alla zona play off in virtù delle affermazioni di Busto e Biella e grazie ad una lunga striscia positiva, costellata però di tantissimi pareggi. Il Novara torna dalla tana della capolista Pisa con un ampio 0-0 che strappa i complimenti ad un Anconetani già molto sofferente, ma ancora lucido.

Tedino propone un 4-4-2 che deve la sua fortuna alle sovrapposizioni degli esterni: Davide Corti e Liperoti (nelle prime gare Morlacchi) a destra, Grandini e Preti a sinistra. In mezzo l’esperto Bracaloni ed il giovanissimo Gissi inizialmente funzionano a meraviglia. Le cose non vanno davanti. Petrone segna subito un gran gol al Pontedera, poi comincia a sbagliare reti incredibili. Non si rivelano più precisi nemmeno Carbone e Garofalo che pure è l’attaccante di maggiore qualità del reparto. Ad ottobre arriva anche l’emergente Cunico che non aggiunge granchè alle potenzialità realizzative della squadra. Anzi, aggrava la competizione nel reparto, a discapito della serenità dei (mancati) bomber.

A fine ottobre scoppia la bomba. Gozio, deluso dal mancato coinvolgimento di altri finanziatori, lascia “Sono come Prodi, ho fallito…” e bisogna pensare a come portare a termine la stagione. Ci garantiscono la sopravvivenza, tra mille sacrifici, i soliti eroi che hanno sottoscritto le fideiussioni estive, lontano dalle luci della ribalta. La squadra ne risente. E comincia a perdere i pezzi. Si fermano Consonni e Grandini, ormai logori. Le ultime certezze crollano nella domenica dello 0-3 inflittoci dal Viareggio di “Totò” Di Natale. I 6 punti fatti a cavallo delle vacanze natalizie contro Alessandria e Cremapergo rappresentano una salutare boccata d’ossigeno.

Dopo la sconfitta di Pontedera arriva una serie di pareggi che sembra confinarci in un tranquillo anonimato. Andiamo al mercato di gennaio senza un vero direttore sportivo (con Gibellini privo di incarichi ufficiali) ma torniamo con una mezza rivoluzione in atto. Ingaggiamo Zocchi, Marchesi, il convalescente Cretaz e colui che dovrebbe farci fare il salto di qualità: Cavaliere una mezzala, appena scartata dalla Pro Vercelli che sogna i play off. L’equivoco (tattico) è dietro l’angolo: dove si colloca Cavaliere in una squadra che adotta il tradizionale 4-4-2? Guarda caso il debutto del vercellese… coincide con un’amara sconfitta a Sesto San Giovanni. Aggiustiamo le cose con la Biellese (da 0-2 a 2-2 con gol del 3-2 per noi annullato per fuorigioco) ma poi perdiamo in maniera sfortunata a Sanremo. E ci presentiamo al cospetto della corazzata Pisa con una rosa decimata da squalifiche ed infortuni che nulla può contro la capolista. Le invettive del papà di Cunico in tribuna nei confronti di Tedino sono il segnale che lo spogliatoio non è più così sereno. Per qualche ora la dirigenza azzurra pensa di esonerare l’allenatore. Poi decide di dargli una chance ulteriore: si giocherà tutto contro l’Albinoleffe che sta risalendo prepotentemente la classifica.

La cabala non è dalla parte del buon Tedino perché l’anno precedente proprio uno 0-2 con l’Albinese (sempre guidata da Piantoni ex Alzano) era costato la panchina a Chierico. Per l’ultima sfida, quella decisiva, il tecnico friulano cambia ancora formazione. Lancia Cretaz che il Monza ha mandato a Novara per permettergli di recuperare da un infortunio. E avanza Cavaliere a supporto dell’unica punta Garofalo. Nel club seriano (nato in estate dalla fusione con il Leffe retrocesso sul campo tra i dilettanti) c’è un terzino di nome Biava che salirà in pianta stabile in serie A. Gli azzurri partono a spron battuto. Attorno alla mezzora Garofalo fa gridare al gol, ma il portiere ospite salva la sua porta con un grande intervento. Il numero uno dell’Albinoleffe è Renato Redaelli, dal 2011 fido allenatore dei portieri di “Jack” Gattuso. Sull’altro fronte però c’è un ex pronto ad indirizzare la gara in maniera tremenda per noi. Quando giocava nel Novara Max Maffioletti aveva faticato a lungo prima di trovare il primo gol allo stadio di Viale Kennedy che per lui pareva stregato. Aveva dovuto attendere fino alla terza di ritorno prima di spezzare l’incantesimo con una doppietta alla Pro Vercelli. Da ex, invece, gli è sufficiente una mezzora abbondante per battere Bianchissi con un gran gol al volo, con la palla che s’infila proprio sotto l’incrocio dei pali. E’ una doccia gelata per un Novara smarrito.

Dopo l’intervallo Tedino rimanda in campo Bracaloni al posto di uno spento Cretaz ed i suoi cambiano subito marcia. Il regista pare aver ritrovato lo smalto dei primi mesi d’autunno. I padroni di casa premono ed il pareggio arriva già all’8’: Corti pennella una punizione a centroarea dove Preti, di testa in tuffo, fa centro. Per l’esterno bresciano è il terzo gol consecutivo. Dai distinti si alza un coro spontaneo “Braca Braca Braca… leon leon leon!!!”. Tutti pregustano il sorpasso. Il 2-1 in effetti arriva, ma nella porta sbagliata. Lo segna ancora Maffioletti che colpisce ancora dopo uno scambio con Raimondi. Baclet insegna… peggio del gol dell’ex c’è solo… la doppietta dell’ex! L’assalto del Novara è confuso e disperato. Entra anche Carbone al posto di un difensore (Rossi) per l’avantitutta finale. Proprio Carbone ha per due volte sui piedi la palla del pareggio, ma per altrettante volte l’attaccante trova sulla sua strada un Redaelli straordinario nel negare agli azzurri anche lo “zuccherino” del pareggio. L’espulsione di Tedino a due minuti dalla fine è emblematica. L’era di Bruno a Novara è proprio terminata e le invettive che sfuggono a qualche dirigente in tribuna d’onore sono la migliore conferma dell’esonero ormai scritto.

Il piatto forte di un pomeriggio amarissimo va in scena nel dopogara. Tedino il perdente diventa, di colpo, il vincitore. Il presidente Baraggioli annuncia il ribaltone con evidente imbarazzo: “Il Novara perde un grande personaggio…”. Ed il buon Bruno non tradisce nemmeno stavolta i valori umani che lo fanno ricordare ad oltre 15 anni di distanza con grande affetto ed immutata stima. Se ne va da vero signore: “Da quando sono arrivato a Novara la scorsa estate vi sento parlare solo di Armani, Drago, Boroli, Montipò o Bossetti. Invece voi dovete essere grati a questi dirigenti perché stanno facendo tantissimo per tenere in vita questa società che continua ad esistere grazie a loro. E non grazie alle chiacchiere. State vicino a questi dirigenti. Perché lo meritano. E perché attualmente solo loro possono risollevare il Novara…”.

E’ il mio secondo esonero da cronista di spogliatoio, ma è il primo che vivo in presa diretta. Quello di Chierico era arrivato quando mi trovavo già in redazione, ingenuamente ignaro. E per me è decisamente il più sofferto. Soltanto i due allontanamenti del Komandante mi porteranno un dispiacere, filtrato dagli anni che passano, paragonabile a quello di quella domenica di metà marzo. Tedino lascia un Novara appena fuori dalla zona play out che con Alberto Marchetti in panchina si salverà soltanto ai play out.

Mi tornano alla mente tanti fotogrammi di uno dei miei primi viaggi lungo l’Italia pallonara a caccia di emozioni azzurre. Non potrò mai dimenticare l’umanità di Tedino in un maledetto pomeriggio di neve e pioggia quando a Pontedera si era rivolto a me ed a Paolo De Luca da fratello maggiore. “Ragazzi, mi raccomando andate piano al ritorno…” ci aveva ripetuto più volte, incurante delle nostre domande tecniche. In quell’istante per lui sconfitta, classifica ed infortuni dei suoi giocatori passavano in secondo piano di fronte al pericolo che potesse succedere qualcosa in quel viaggio infernale a due ragazzi di appena 26 anni che si erano spinti fino in Toscana soltanto per seguire il Novara…

Eppure in quel fine inverno di sconfitte non era esattamente l’aspetto umano che mi lasciava convinto che Bruno Tedino sarebbe diventato un grande allenatore. Apprezzavo la vocazione al gioco delle sue squadre, la cura quasi maniacale con cui studiava avversari e situazioni di partita, di ogni categoria. Il fatto che vivesse 24 ore su 24 per uno sport che per lui era molto più che un lavoro.

Non ha mai sfondato, ma si è tolto qualche soddisfazione. Oggi è sotto contratto con la Federcalcio (allena l’Under 17 e collabora con lo staff dell’Under 18) che gli ha riconosciuto grandi doti nell’insegnare calcio ai giovani. L’abbiamo rivisto al “Piola” nell’aprile 2007 quando ci ha rifilato un tremendo 3-0. Alla Pistoiese aveva rilanciato Simone Motta (fece doppietta quel giorno) che era esploso con lui a Pordenone e che era reduce da un brutto infortunio. E Mavillo Gheller che sarebbe tornato a Novara di lì a qualche mese. In quel pomeriggio di contestazione Sergio Borgo rivolgendosi al pubblico si era battuto la mano più volte sul petto per accollarsi le colpe di quella crisi. Già… Borgo e Tedino… come mi sarebbe piaciuto vederli lavorare almeno una volta assieme… sarebbero potuti essere l’uno il degno completamento dell’altro… mai dire mai nella vita… Ma questo è album di ricordi, non di rimpianti! Ed allora sotto con l’Albinoleffe! Anche per vendicare quella lontana sconfitta che costò la panchina ad un signore autentico ed un innamorato di calcio di nome Bruno Tedino…

Massimo Barbero

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